Fiction, la miniera d’oro della TV
C’era una volta… cominciano così tutte le favole di ogni epoca. Racconti avvincenti, d’amore, di cappa e spada, gialli, romanzi storici, intrighi, sogni e molto altro che nella Rai degli anni 60, 70 e 80 si chiamavano sceneggiati televisivi. E, ora, invece sono la Fiction.
Una miniera d’oro per il Servizio Pubblico e talvolta anche per le reti private, che pure dedicano energie importanti alla narrazione televisiva.
Un genere che sembrava fosse vicino al tramonto, avendo vissuto qualche anno di penombra a causa di una minore qualità. A volte, infatti, si tende a credere che basti mandare in onda un qualsiasi polpettone per gabbare il pubblico e farsi guardare.
Una miopia che per fortuna è durata poco. Realizzare un film, una miniserie in due puntate o anche una soap (tipo “Un posto al sole”, per intenderci), occorrono le giuste risorse e professionisti adatti. Sono lavori di scrittura, in cui nulla è lasciato al caso. Soprattutto, quando la storytelling televisiva è tratta da un’opera letteraria, occorrono un maggiore impegno e una grande professionalità da parte di Autori, Registi e Attori. I costi, inevitabilmente, lievitano; ma il maggior investimento è subito ripagato dagli alti ascolti e dagli ottimi investimenti pubblicitari.
Nel caso, poi, della Rai una fiction come “I Fantasmi di Portopalo”, scritta e interpretata da Beppe Fiorello insieme con Giuseppe Battiston e Roberta Caronia, giustifica per intero il pagamento del canone. Un’opera meritoria, girata con la delicatezza e l’attenzione che sempre dovrebbero essere garantite quando si raccontano storie di eroi comuni, di persone che hanno sacrificato tutta la loro vita per amore della verità. Salvo Lupo, il pescatore che nel 1996 scoprì i cadaveri di alcuni dei 282 migranti naufragati nelle acque siciliane, ha dovuto rinunciare al suo lavoro, perché in Italia raccontare e difendere la verità è ancora molto pericoloso e vista come un’azione di cui vergognarsi o che danneggia la comunità.
Sia pure con qualche sbavatura di troppo, per via di un quasi assente rispetto per la verità storica e una non perfetta ambientazione, è positivo anche il giudizio su “C’era una volta Studio 1”, altra fiction di Rai Uno, ben accolta da buona parte del pubblico.
E mentre stanno per arrivare sugli schermi tv altre storie, tutte meritevoli di essere guardate con attenzione, il pubblico italiano freme in attesa di godersi i due nuovi episodi di “Montalbano”. Il primo andato in onda a fine febbraio e il secondo nei primi giorni di marzo. Esito scontato e successo confermato, naturalmente.
A cosa sia dovuto questo successo è ormai risaputo, ma vale la pena ricordarlo. Malgrado i molti tentativi di emularlo, nessuno è sin qui riuscito a imitare l’originalità dei libri da cui i film sono tratti. Andrea Camilleri, senza volerlo o rendersene conto all’inizio della sua tardiva carriera di scrittore, è riuscito a trovare una chiave narrativa che incarna e ripropone il meglio della scrittura di Simenon, autore di Maigret, gli spunti sbruffoneschi e ironici delle storie firmate Pietro Germi e la bellezza del teatro italiano in genere e siciliano, in particolare. Cosa sarebbe, infatti, “Montalbano” senza l’ingenua cialtroneria di Catarella o la fedele amicizia del bravo Ispettore Fazio o la vacuità del Vice commissario Augello? E quanto triste o piatto risulterebbe il film se non ci fosse le “sciarratine” di Salvo con Livia, eterna fidanzata o le tante bellissime donne siciliane che ruotano intorno al commissario?
Il nostro auspicio è che la televisione voglia e sappia crescere, regalando al Paese una seconda età dell’oro della narrazione per immagini, che porti lustro e lavoro agli italiani.