Le voci di Roma
“Ciò ch’è bello al mondo / è tutto qui” scriveva Ovidio nell’Ars Amatoria a proposito di Roma. Prima e dopo di lui, un’infinita schiera di altri poeti e artisti di ogni era e luogo del mondo, facendo visita alla Città Eterna, hanno cercato di immortalare anche solo un aspetto di essa per perpetuarne la memoria nel tempo.
Chiunque metta piede nella Capitale non può che rimanere affascinato dai suoi monumenti, palazzi, piazze: è ovunque un tripudio di storia, cultura, arte e bellezza che, per quanto la si girasse, non si finirebbe mai di conoscerla davvero. Capite quindi la difficoltà di racchiudere, in poche battute, utili consigli per una gita a Roma?
Proporvi il classico giro tra i Fori e il Colosseo, tra le migliaia di chiese sparse ovunque? O forse sarebbe meglio farvi scoprire un itinerario più inusuale, diverso dalla caratteristica “passeggiata da cartolina”? Forse non tutti sanno che nella Città le statue parlano. Quindi, lasciatevi guidare proprio dalle voci dell’Urbe. È dall’inizio del XVI secolo che alcune sculture diventano il veicolo per pungenti opere di satira non firmate. Esse erano poste agli angoli delle strade più traffi cate: ai loro piedi venivano appesi, durante la notte, cartelli e fogli con versi o dialoghi umoristici, volti a deridere personaggi pubblici di una certa rilevanza, compreso il Papa.
Se avete mai sentito ripetere la frase “Ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini”, allora avete appena ascoltato una famosa pasquinata. Il termine deriva dal nome della statua più celebre, Pasquino, un torso maschile po-sizionato alle spalle di Piazza Navona, resa immortale dal fi lm di Luigi Magni Nell’anno del Signore, dove l’anima di Pasquino era l’indimenticabile Nino Manfredi. Ma il busto non è solo: a fargli compagnia ci sono altre sei sculture che formano il cosiddetto Congresso degli Arguti. Chi sono, quindi le altre sei voci del popolo romano? Scendendo verso la chiesa di Sant’Andrea della Valle, si incontra subito l’autorevole Abate Luigi (in realtà un antico console romano), compagno di satire urbane del noto Pasquino. Proseguendo verso il Campidoglio, a Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini, ad attendervi ci sarà, comodamente disteso, la spalla principale delle pasquinate, Marforio, un marmo che raffigura probabilmente l’allegoria di un fiume. Dirigendovi verso Palazzo Venezia, a metà strada per la Basilica di San Marco, avrete l’onore di incontrare l’unica donna del gruppo, Madama Lucrezia, la rappresentazione della dea Iside. In realtà, Lucrezia non parlava molto, ma la cultura popolare tramanda che, in occasione del Ballo dei Guitti, che si teneva tradizionalmente il primo maggio, la statua veniva agghindata come una vera dama. Addentrandovi in Via del Corso e girando su Via Lata, vi troverete di fronte al Facchino, una fontanella di fine ‘500 raffigurante un acquaiolo, l’antico venditore di botticelle Deviando per Fontana di Trevi si giunge all’ultima statua parlante: al lato della chiesa di Sant’Anastasio dei Greci c’è Er Babuino, diretto concorrente di Pasquino, una riproduzione di un sileno talmente brutta che il popolo decise di dargli tale soprannome. Le voci dei romani, l’anima dei cittadini, hanno parlato fino al XX secolo.
Ora tacciono, scavalcate da Internet. Solo Pasquino ogni tanto “parla” ancora. Eppure, un po’ di nostalgia rimane al pensiero che una volta, anche vecchi ruderi dimenticati hanno potuto far parte della Storia grazie ai versi in rima di ignoti poeti popolari.